Non ti rendi conto della psicologia femminile finché non la vedi svilupparsi dall’inizio. Lo sanno le madri, che devono affrontare con la fine della gestazione il doppio percorso dello sviluppo personale e dell’educazione. Ovviamente, molte persone declinano questa ultima responsabilità, ma a noi interessa andare oltre la codardia personale, per capire come sviluppare il corretto rapporto madre figlia.
Se molte persone sono costruite intorno a pezzi rotti, provenienti da altre relazioni, nonché da pensieri ed emozioni tenute al buio per tutta una vita, il diventare genitori cambia le carte in tavola. È uno di quei momenti in cui capisci che la tua vita è ad un punto di svolta. Ed ognuno ha la sua idea su Come essere genitori, ed è giusto così. A noi interessa delineare pratiche reali per costruire rapporti madre figlia migliori.
Non tutti sanno che l’isteria è un concetto che nel corso del tempo è cambiato. Prima che diventasse il termine usato quotidianamente per identificare dei comportamenti nervosi e spesso esagerati, il termine aveva una vera e propria valenza in ambito medico. Oggi, la medicina e la psicologia preferisce specificare meglio i casi. Tuttavia, per questa discussione, parleremo di personalità isterica come di qualunque persona che si attiene a comportamenti facili a reazioni esagerate, superficialmente “stupide” (volte solo a scaricare la propria carica emotiva in un eccesso di puro egoismo insomma), e che non davvero adatte al comportamento di un genitore responsabile.
Evitando gli errori: personalità isterica e disturbo evitante.
Se è difficile per molti identificare i lati positivi nel rapporto madre figlia, può essere di aiuto partire dagli errori e dalle cose che vogliamo evitare. Quando un genitore non si attiene ai propri compiti genitoriali con diligenza, è facile veder nascere relazioni compensatorie con i propri figli.
Queste relazioni sono semplicemente relazioni non equilibrate, che spesso poggiano la propria esistenza su uno squilibrio delle rispettive parti. Ad esempio, il genitore non insegna niente alla figlia ma pretende che la figlia sappia fare le cose mai insegnate, e quindi la figlia svilupperà un modo di rispondere che salvaguardi il proprio benessere psicofisico, come ad esempio diventare acida nei confronti del genitore.
La madre ha un rapporto affettivo molto forte con i figli, e questo legame è ancora più sottolineato dalla nostra cultura italiana piena di “mammoni” (il termine è una nostra peculiarità che non esiste in molte altre lingue, ma che anzi abbiamo esportato noi nel mondo, creando il mama-boy americano ad esempio, basato proprio sullo stereotipo italiano. Il termine americano mama’s boy è molto negativo, ed associato ad un rapporto quasi malato con il genitore femminile, giusto per intenderci su come le altre culture ci vedono.).
Nel corso della mia personale esperienza, è più facile vedere in azione proprio questo duo, tra personalità isteriche che generano figlie affette da disturbo evitante, o viceversa. Il disturbo evitante è un disturbo la cui gravità può variare come l’isteria stessa. Proprio del disturbo evitante è l’atteggiamento a evitare il rapporto, a sottrarsi alle proprie responsabilità o dimostrare sempre grande paura e bassa autostima (specialmente nei fatti più che nelle parole, finendo nel non intraprendere mai progetti propri, evitando così il rischio in tutte le sue forme.).
Come mai tali scompensi? È possibile sistemare i rapporti compromessi? Cosa si deve fare?
La ragazza madre: l’eccezione che conferma la regola.
Non c’è donna che ha più bisogno di sapere le giuste risposte che non una ragazza madre. Ne abbiamo tante in Italia, e ci sono associazioni dedicate esclusivamente ad accogliere le ragazze madre vittime di brutte esperienze. Lo scopo di molte di queste associazioni è fornire spazi sicuri in cui la ragazza madre può vivere, ma non sempre è facile garantire il giusto aiuto psicologico.
Se consideri la situazione di una ragazza madre, molti scenari possono subire variazioni. A tal senso, è giusto ricordare che si deve adattare le soluzioni al caso per ottenere il risultato desiderato e non viceversa continuare a rimanere attaccati a metodi che non danno i risultati sperati. Il risultato finale è ciò che conta: una rapporto madre figlia che rovina la vita della figlia o della madre non lo fa mai in una volta sola. Od almeno, è estremamente difficile arrivare a tali situazioni senza che prima non vi sia stata un montante accumulo di decisioni sbagliate.
Mettiti alla prova!
Vediamo ora quali sono le giuste pratiche da seguire per sviluppare un rapporto madre figlia ottimale.
Dividiamo immediatamente i compiti che aspettano il genitore e quelli della figlia. In tal contesto, ci interessa la psicologia femminile, ma con pochi accorgimenti si può adattare questo modello anche alla psicologia maschile.
La madre deve affrontare il percorso personale alla scoperta di se stessa in una Società che ha aperto da poco alla figura femminile: ha davvero molto da recuperare, ed i suoi personali studi ed interessi devono volgere verso temi quali la Logica, la Comunicazione e l’Educazione.
Queste tre basi sono le fondamenta del Pensiero critico, e senza di esso, è difficile mantenere una buona autostima per tutta la durata dell’esperienza genitoriale. Come si suol dire, il tratto iniziale è in salita, ma basta un impegno iniziale per affrontare la discesa. E questa difficoltà è il motivo per cui assistiamo ad un così diffuso malessere generale in tutti gli stati sociali, ma specialmente in quelli più bassi dove il salario basso non aiuta a collimare le esigenze personali con il tempo libero, le risorse e quant’altro.
Detto questo, prima di passare a degli esempi pratici, è bene capire che le biblioteche italiane sono libere ed hanno molto materiale che permette di studiare questi argomenti in profondità ed in modo accademico, e per giunta a qualsiasi livello grazie all’ampia disponibilità ed al prestito interbibliotecario gratuito. È un tuo dovere quello di andare avanti, e senza un costante miglioramento, nessun comportamento da solo sistemerà mai alcun rapporto come se fosse colla magica.
Vediamo uno dei casi più comuni di comportamenti errati. La madre che non aiuta la figlia a fare i compiti è comune, in quanto il lavoro porta via a molte questa occasione. Il fatto è che troppe madri non si soffermano a chiedersi: cosa vuol dire “aiutare” la figlia a fare i compiti? Sicuramente non vuol dire fare i compiti al posto della figlia. E questo è l’errore più diffuso.
La madre deve insegnare alla figlia come memorizzare le informazioni, come affrontare gli argomenti da studiare in relazione alla materia, e deve responsabilizzare la figlia. In tre parole, deve aiutare la figlia a creare un Metodo di studio.
La Scuola pubblica italiana non migliorerà a breve, ed anche se lo facesse in un inaspettato impeto di senso dell’amor patrio, ci vorranno decenni affinché il modello superi il rodaggio. Come recenti esperimenti sull’insegnamento dell’alfabetizzazione finanziaria su ragazzi adolescenti dimostrano, servono almeno 20 anni (una generazione) per quantificare i reali successi od insuccessi del modello di istruzione applicato. Quindi, per il momento è bene capire che tu madre sei sola. E lo è anche tua figlia. Devi svegliarti, se preferisci il linguaggio dei social dove spesso si parla di questi temi, ma senza affrontarli davvero.
Una brava madre si pone il problema: Come riuscirebbe lei ad avere i migliori voti nella scuola della figlia? Elabora quindi mentalmente il problema, andando a reperire la soluzione e ne estrae il modello da insegnare alla figlia. Rendiamo più concreto l’esempio! Parliamo di Come realizzare tutto ciò!
Una madre che lavora dalle nove di mattina fino alle cinque nel pomeriggio deve dedica una mezz’ora per parlare con la figlia, e scoprire cosa è successo a scuola. Lo fa dopo mangiato, preferendo la conversazione alla televisione, e senza disturbare la cena, che deve essere sempre associata ad un momento di pace, calma e tranquillità. Se la figlia ha avuto una brutta giornata, non se ne deve parlare a cena, ma dopo, con lo stomaco già pieno e la mente pronta ad elaborare nuove informazioni e soluzioni.
Nel fine settimana, la madre si reca in biblioteca per prendere un libro sulla memoria e la memorizzazione, che insegnano mnemotecniche perché la figlia deve affrontare lunghi capitoli di filosofia, che sono difficili da capire. La madre apprende il contenuto del libro e lo sintetizza per la figlia, in modo da dare una risposta pratica alle esigenze della figlia. In altre parole, trasmette il sapere, filtrandolo con la propria esperienza di persona matura che sa quale informazione è importante e quale è possibile tralasciare fino ad un momento successivo.
La madre trova la tecnica dei loci interessante per la figlia, e le insegna a memorizzare le informazioni dando una personale dimostrazione pratica della mnemotecnica. Si fa raccontare dalla figlia quello che sa, poi si fa leggere altre informazioni dal libro, e dopo una buona quantità si fa fare domande, dimostrando che la tecnica funziona. In questo modo, si mostrerà alla figlia che certe cose sono possibili.
La madre fa questo perché i figli in generale non hanno cognizione di cosa nel mondo è possibile o meno. Per questo diciamo che la televisione o qualsiasi altra cosa può avere un cattivo ascendente sugli adolescenti, ma la realtà è molto diversa. La fantasia della televisione deve essere validata ripetutamente o dal beneplacito generale, così come un tempo avveniva per il sapere popolare nei paesini chiusi e bigotti, dove gli studiosi e gli intellettuali non avevano mai vita facile.
Data dimostrazione della migliore manipolazione delle informazioni, la madre continua con l’insegnare il metodo alla figlia, interessandosi di capire quanto lei apprenda il processo. Partendo da esempi banali, grazie ad un processo di verifica istantaneo (domande e quant’altro) aiuta a costruire con la figlia un proprio arsenale di tecniche, poi organizzate nel tempo in strategie e saperi.
Nella realtà tradizionale, questo è ciò che è sempre successo nelle famiglie che si sono tramandate la professione, ma è il Modello a funzionare. L’educazione funziona, e sta al genitore incarnare la figura del responsabile educatore, che guida la prole nel mondo già conosciuto. Non si può altrimenti meritare il rispetto dei figli, che deve avere una motivazione solida e reale, almeno come accade nelle prime fasi di vita dei figli fino all’età matura.
Il Rispetto genera fiducia. La fiducia nel genitore genera valore del genitore, che causa una migliore autostima nella figlia. La figlia dovrà essere poi guidata verso una autostima giusta, psicologicamente sana, grazie ad un rapporto madre figlia che punta a tenere i ruoli separati in identità diverse. Paradossalmente, se vogliamo prendere una delle serie televisive che ancora vengono trasmesse, sarebbe deleterio vedere oggi rapporti di “amicizia pura” tra madri e figlie quando la figlia è adolescente o piccola.
I bambini e gli adolescenti sperimentano con il mondo ed i suoi contenuti. Crescendo, le figlie sono ben destinate a mentire, ribellarsi e fare capricci. Sono tutte risposte, naturali conseguenze derivate dalla possibilità di relazionarsi con l’ambiente circostante. Lo scopo di tali comportamenti bizzarri? Trovare i limiti, che il genitore deve delineare con regole e premi e punizioni equi. Poi, ci sono madri più brave di altre, certo, ma è sicuro che i danni creati da un rapporto madre figlia sbagliato si riflettono nelle relazioni sociali ed in tutte le diramazioni intraprese dalla figlia.
Ci sono davvero tanti casi che potrei fare ma ti lascerò fare un commento per organizzare meglio la discussione in base ai casi specifici. Come ho detto, tutto sta nel livello già raggiunto dalla madre, perché potrà educare la figlia solo al livello permesso dalle attuali capacità. Quindi le soluzioni devono essere calibrate.
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